In Abruzzo quando due innamorati fanno giuramento d'amore si scambiano mazzolini di menta, recitando queste parole:
"Ecco la menta, se si ama di cuore non rallenta".
E pensare che questa pianta graziosa e profumatissima deve il proprio nome non a una lieta storia di innamorati, ma alla terribile vicenda di gelosia e morte in cui fu coinvolta una ninfa, di cui i nostri antenati greci raccontavano le dolorose gesta secoli e secoli fa.
Si dice che un tempo vi fu una ninfa di nome Mintha, figlia del dio Cocito, creatura di bellezza straordinaria e divinità dei fiumi inferi. Si dice anche che fosse l'amante di Ade, sovrano del regno sotterraneo, e che quando questi rapì Persefone per farne la sposa legittima, Mintha iniziò a fare delle tremende scenate di
gelosia, arrivando a minacciare la rivale e a sostenere di esser, tra le due, la più bella. Quando però, al colmo della rabbia, aggiunse che una volta riconquistato l'amante, avrebbe scacciato l'antagonista dal palazzo reale, Persefone e sua madre Demetra decisero di farla tacere.
Per sempre.
La presero, la smembrarono e la schiacciarono in terra; solo Ade ebbe pietà di lei e la trasformò in una pianta profumata chiamata minthe, resistente ad ogni avversità e quindi capace di crescere rigogliosa
persino in inverno e di fiorire anche da recisa.
Alla menta, infatti, fanno riferimento i motti araldici, Recisa floret, tagliata fiorisce, e Hieme floret, fiorisce d'inverno, a simboleggiare la Virtù che, perseguitata, risorge sempre.
La menta è un'erba officinale, usata sin dai tempi più remoti in virtù delle sue proprietà digestive e antisettiche: viene citata nel papiro di Ebers, testo di medicina databile alla XVIII dinastia egizia, che la annotava fra le erbe più preziose, sacra ad Iside e al dio della medicina Thot. Nell'arcipelago toscano il decotto delle foglie è ancora usato come collutorio in caso di infiammazioni della bocca e della gola mentre in Cina, anticamente, era preferita in virtù delle sue proprietà calmanti.
In cucina le foglie e i fiori ben si prestano a essere impiegati per aromatizzare insalate crude, salse, bevande, una caratteristica che la rendeva cara anche all'imperatore Carlo Magno, il quale emise editti per contenerne lo spreco e tutelarne la specie.
La monaca benedettina e teologa tedesca Santa Ildegarda di Bingen raccomandava la menta acquatica:
"La menta d'acqua è calda ma al contempo leggermente fredda. Se ne può mangiare moderatamente: non apporta all'uomo particolari benefici ma non fa male. Chi dal tanto mangiare e bere ha uno stomaco/intestino appesantito e si sente soffocare, mangi menta d'acqua cruda o cotta con carne, nella minestra oppure nel passato di verdure e la pesantezza cesserà..."
e ancora
“Chi è colpito da un problema polmonare, ha il fiato corto e deve tossire spesso per espettorare al minimo movimento e chi invece mangia e beve troppo al punto da far fatica a respirare e non riuscire ad espellere il flegma, usi la menta d'acqua come sopra descritto.“
Gli antichi Romani usavano grandi quantità di menta per aromatizzare l'acqua del bagno, mentre secondo l'antico testamento quest'erba veniva usata per profumare le mense. Lo stesso poeta romano Ovidio racconta come anche nelle umili case contadine, si strofinasse con foglie di menta il tavolo della cucina prima di servire il pranzo per gli ospiti, un gesto cortese sopravvissuto nelle campagne fino a tempi recenti.
La menta era detta in latino medioevale Herba sanctae Mariae e in francese Menthe de notre Dame. Un legame con la Madonna nato da una leggenda medioevale in cui si raccontava che la Sacra Famiglia in fuga verso l'Egitto incontrò per la via proprio una piantina di menta. La Madonna, annusatone il gradevole profumo, sospirò: "se ci potesse anche dissetare!". In quell'istante dalle piccole foglie della pianta, iniziarono a scendere delle goccioline d'acqua ristoratrice e Maria si rivolse con gratitudine alla menta, dicendo "tu sarai chiamata per sempre l'erba santa".
Ancora oggi le contadine anziane nelle campagne dell'Abruzzo, memori della sacralità di questa erba, usano sfregare foglioline di mentuccia fra le mani, per richiamare la benevolenza del Signore il giorno della morte, recitando: "Chi scontra la mentuccia e non l'addora, non vede Gesù quando muore".
Profumata e salutare, apprezzata da sempre per le sue mille e mille caratteristiche, la menta merita davvero un posto speciale tra le piantine del nostro balcone, poiché pur apparendo delicata, ha in sé la straordinaria capacità di svilupparsi e fiorire anche in situazioni avverse: Dum cetera languent, si direbbe in latino, per indicare la virtù solitaria che, nonostante tutto intorno si consumi, cresce salda e forte.
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