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giovedì 29 aprile 2021

L'odissea dei fratelli Blair

Un etereo paesaggio indonesiano fotografato da Lorne Blair nel 1974 e pubblicato nel libro "Ring of fire" di Lawrence e Lorne Blair del 1988.

Nel 1973 Lawrence e Lorne Blair viaggiarono attraverso i luoghi più remoti, esotici e pericolosi della terra: le isole dell'Indonesia, quasi 14.000 tessere di mosaico sparse su oltre un milione di miglia quadrate di oceano.
Tra lussureggianti foreste tropicali e inimmaginabili bellezze naturali, i fratelli Blair speravano di catturare in un film, le parole i modi, le credenze e la saggezza delle persone primitive che vivevano lì.

La loro incredibile odissea iniziò con un viaggio di 2.500 miglia al seguito dei famigerati pirati Bugi, attraverso le Molucche alla ricerca del Grande Uccello del Paradiso (Paradisaea apoda).
Seguì un intero decennio di esplorazioni, durante il quale i fratelli dimorarono nudi nella tribù cannibale Asmat della Nuova Guinea occidentale, ricercarono misteri spirituali nel paradiso di Bali, incontrarono i draghi di Komodo (Varanus komodoensis) e la mistica tribù Toraja, uno dei gruppi etnici indonesiani dalle tradizioni più arcaiche, celebre per il curioso culto dei morti mummificati. 
Trovarono inoltre l'inafferrabile Panan Dyaks, la tribù della foresta del Borneo che si pensava non esistesse più.

venerdì 23 aprile 2021

Le grotte indonesiane della Society's expedition

Una colata calcarea blocca l'estremità della Wonder Cave a Lobang Ajaib, Indonesia (1978).


«La Society's expedition a Mulu, ha scoperto alcune delle grotte più grandi e più belle del mondo.»

Testo e immagine tratta dal libro "To the Farthest Ends of the Earth: 150 Years of World Exploration by the Royal Geographical Society" di Ian Cameron.

martedì 20 aprile 2021

Francis Mazière e la sua vita "fantastique"

"L'Océan Pacifique" (1958) di Francis Mazière, dal libro "Teïva, enfant des îles" del 1959.


Francis Mazière (1924-1994) è stato un etnologo e archeologo francese. Profondo conoscitore dell'Amazzonia e della cultura polinesiana, è ricordato per le sue pazienti esplorazioni delle isole del Pacifico tra cui l'Isola di Pasqua.

Nel 1951 organizzò una spedizione in Guyana, attraversando le montagne del Tumuc-Humac e scoprendo terre inesplorate del Brasile; dal 1963 cercò di svelare il segreto dei moaï, le misteriose statue erette sull'Isola di Pasqua, interessandosi successivamente alle culture dei popoli del Sinai, della Guyana, dell'Argentina e del Pacifico meridionale.

sabato 17 aprile 2021

Fred, l’orso anti-nucleare

Nell'aprile 2003 il sottomarino statunitense USS Connecticut, emerse attraverso il ghiaccio artico e venne attaccato da un orso polare.

Sì, avete capito bene: un orso polare.

Presso la stazione della University of Washington's Applied Physics Laboratory Ice Station (APLIS), infatti, un bell’esemplare di orso di oltre 500 libbre, esaminò con curiosità e circospezione il sottomarino a propulsione nucleare, rosicchiandone e leccandone la torretta che sporgeva dalla superficie del ghiaccio.



Questo scatto rese famoso il sottomarino, ma ancor più l’orso il quale divenne una celebrità del web e venne chiamato dai ricercatori "Fred".

In realtà il pacifico orso gironzolò attorno al sottomarino per circa quaranta minuti, per poi andarsene da dove era venuto, deluso da quello strambo spuntino così insipido e duro da masticare.



 Foto: USS Connecticut

mercoledì 7 aprile 2021

Il Salep

Nel centro di Atene, nel periodo invernale, i pittoreschi carretti dei commercianti di strada aspettano pazientemente che i clienti si avvicinino. Contengono tutto l'armamentario di cui hanno bisogno per fare il Salep, una bevanda calda, aromatica, dolce e densa tradizionalmente a base di zucchero, latte, cannella, zenzero macinato e polvere di tuberi di orchidea essiccati e polverizzati (noti appunto come "salep").


I venditori ateniesi sanno bene che, al di là della sua indiscutibile bontà, il Salep è bevuto anche perché ritenuto un potente rinvigorente sessuale. Questa è una credenza comune sin dal Medioevo, che per secoli è stata alla base del gran consumo di Salep, bevanda proveniente dalla tradizione ottomana, famosa anche in Germania e in Inghilterra prima dell'arrivo del tè e del caffè.


Oltre alla loro presunta influenza sessuale e riproduttiva, per secoli si è creduto che i tuberi di orchidea fossero anche dotati di numerosi poteri terapeutici e riparatori: si pensava che riducessero febbre, gonfiori e piaghe, curassero la tubercolosi, il raffreddore, la tosse e numerosi altri disturbi fisici e mentali, oltre a fornire forza e nutrizione.
Nei giorni dei lunghi viaggi per mare, si diceva che le navi trasportassero una grande scorta di Salep perché si credeva che un'oncia sciolta in due litri di acqua bollente fossero un sostentamento sufficiente a coprire il fabbisogno energetico di un marinaio in assenza di cibo.


[Bibliografia: Bulpitt, C.J. 2005. The Uses and Misuses of Orchids in Medicine. QJM 98(9):625–631. https://academic.oup.com/qjmed/article/98/9/625/1547881]

giovedì 1 aprile 2021

Lalibela, città della fede

Dalle viscere della terra sale una melodia ovattata, che sembra un antico coro, lento e ripetitivo, sospinto da decine di voci all'unisono. Dalla sommità del basamento rossastro in tufo vulcanico su cui otto secoli prima fu scolpito questo complesso monumentale che sfida l'immaginazione, si vedono un intrico di gallerie che scivolano in tutte le direzioni. 
Il giorno sorge appena sull'antica città monastica etiope di Lalibela, stendendo filamenti rosa oltre le montagne che, da tutte le parti, orlano l'orizzonte. Scolpita ad un'altitudine di 2.630 metri sul fianco della montagna, nel cuore dell'antica provincia di Lasta, l'attuale regione dell'Amhara, Lalibela rimane con Aksum la più santa delle città cristiane dell'Etiopia, un luogo che conserva sin dal Medioevo un incredibile insieme di chiese monolitiche.


Pochi gradini consumati dal tempo e da milioni di passi scendono in un primo recinto, poi in un portico scavato nella roccia e in un secondo recinto: in questa cornice le tuniche di lino bianco dei fedeli si sfiorano, mentre un'assemblea di sacerdoti cantori forma un cerchio per poi avanzare in una danza trattenuta, cadenzata al ritmo dei tamburi, dei bastoni da preghiera e dei sistra (sonagli). Una scena che ricorda quelle descritte nell'Antico Testamento, ma permette di comprenderne la vitalità e l'unicità del cristianesimo etiope.

Le undici chiese monolitiche, cioè scavate dall'interno, sono gemme sradicate dalla loro matrice rocciosa e formano rozze strutture dal fascino irresistibile. Sui frontoni immagini pie, colonnati o muri massicci trafitti da finestre a forma di croce o altri simboli religiosi. All'interno, soffitti a cupola, soffitti a cassettoni, affreschi colorati, santi in rilievo o scritture, scolpiti con uno scalpello. I fedeli, accovacciati o appoggiati ai muri, pregano, meditano o leggono, assorti in se stessi.

Classificato nel 1978 dall'Unesco per il suo "eccezionale valore universale", il sito soffre tuttavia di erosione naturale e le chiese spesso protette da coperture metalliche dall'estetica discutibile: solo Bet Giorgis (la Chiesa di San Giorgio) non ne ha e la si può quindi ammirare nella sua eccezionale silhouette a forma di croce greca, che la rende la chiesa più popolare di Lalibela.

La chiesa monolitica ipogea di Bet Giorgis