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domenica 6 febbraio 2022

Riapre il Trans Bhutan Trail

Riaprirà nel marzo 2022, dopo sessant'anni di chiusura, l'antico sentiero del Trans Bhutan Trail, il tracciato che dal XVI secolo, e per diversi secoli, unì i monasteri e le fortezze della regione, consentendo il commercio e il pellegrinaggio verso i luoghi sacri. Caduto in disuso negli anni ‘60, venne chiuso di lì a poco quando il Bhutan realizzò la rete stradale nazionale.

Il Monastero di Taktsang, conosciuto anche come la Tana della Tigre, abbarbicato su di un picco montuoso nella valle di Paro (Bhutan) e lambito dal Trans Bhutan Trail / Foto di Seema Jakkarin.

Ora, per la gioia dei visitatori locali e internazionali, il Trans Bhutan Trail potrà essere nuovamente percorso grazie allo sforzo congiunto del Tourism Council of Bhutan e la Bhutan Canada Foundation (BCF); un itinerario che potrà essere affrontato sia a piedi che in bici in 28-30 giorni e che si snoda attraverso ben quattrocento siti di grande interesse storico, tra cui fortezze, monasteri e un parco nazionale.

sabato 17 aprile 2021

Fred, l’orso anti-nucleare

Nell'aprile 2003 il sottomarino statunitense USS Connecticut, emerse attraverso il ghiaccio artico e venne attaccato da un orso polare.

Sì, avete capito bene: un orso polare.

Presso la stazione della University of Washington's Applied Physics Laboratory Ice Station (APLIS), infatti, un bell’esemplare di orso di oltre 500 libbre, esaminò con curiosità e circospezione il sottomarino a propulsione nucleare, rosicchiandone e leccandone la torretta che sporgeva dalla superficie del ghiaccio.



Questo scatto rese famoso il sottomarino, ma ancor più l’orso il quale divenne una celebrità del web e venne chiamato dai ricercatori "Fred".

In realtà il pacifico orso gironzolò attorno al sottomarino per circa quaranta minuti, per poi andarsene da dove era venuto, deluso da quello strambo spuntino così insipido e duro da masticare.



 Foto: USS Connecticut

venerdì 19 giugno 2020

L'ultimo viaggio del "Magic Bus"

«C'è tanta gente infelice che tuttavia non prende l'iniziativa di cambiare la propria situazione perché è condizionata dalla sicurezza, dal conformismo, dal tradizionalismo, tutte cose che sembrano assicurare la pace dello spirito, ma in realtà per l'animo avventuroso di un uomo non esiste nulla di più devastante di un futuro certo.»
- Chris McCandless

Un piccolo punto sulla carta geografica dell'Alaska, una zona impervia e difficilmente raggiungibile a circa 382 chilometri a nord di Anchorage, a est del fiume Teklanika sullo Stampede Trail nel Denali National Park and Preserve.
In questo luogo selvaggio dal 1961 sostava il "Magic Bus", un autobus abbandonato che nel 1992 divenne il rifugio di Chris McCandless il ragazzo statunitense che trascorse gli ultimi 112 giorni della sua esistenza nei boschi dell'Alaska, alla ricerca di un ideale di vita felice, lontano dagli stereotipi e dalle maglie stringenti della società capitalistica.
La storia di Chris, diventata famosa nel 1996 grazie alla biografia di Jon Krakauer ‘Into The Wild’ e al film omonimo diretto nel 2007 da Sean Penn, ha ispirato molte persone che da ogni parte del mondo ogni anno tentavano di raggiungere il "Magic Bus" mettendo in pericolo la propria incolumità. Una meta di pellegrinaggio che tra il 2009 al 2017 è costata alle autorità ben quindici missioni di soccorso per salvare escursionisti in difficoltà, spesso improvvisati e non adeguatamente equipaggiati.
Il "Magic Bus" è stato rimosso, portato via da un elicottero dell’esercito americano, in un'operazione frutto della collaborazione tra il dipartimento delle risorse naturali dell'Alaska e la Guardia nazionale.
A terra rimarranno ancora per qualche tempo i segni della sua presenza, le scaglie di vernice sbiadita, l'impronta sulla vegetazione e poi la Natura tornerà a riabbracciare quel lembo di terra che è stato testimone di un sogno autentico di libertà.




venerdì 27 dicembre 2019

La vita della Norvegia è tutta sul mare - II° parte

Articolo di Felice Bellotti tratto da La Stampa del 16 febbraio 1940

Una tonnellata e mezza per abitante
Abbiamo raccontata tutta questa storia per dimostrare quale importanza sulla vita nazionale norvegese abbia la marina mercantile che, all'inizio della guerra, occupava il quinto posto fra quelle di tutto il mondo, preceduta da quelle dell’Inghilterra, degli Stati Uniti, del Giappone e della Germania e seguita da quella dell’Italia. La flotta norvegese è infatti composta (1° gennaio 1940) da 4391 navi stazzanti complessivamente 4.845.655 tonnellate. Poiché la popolazione totale della Norvegia è inferiore ai tre milioni di abitanti, si viene ad avere a disposizione per ogni cittadino oltre una tonnellata e mezzo di naviglio. Anche l’Inghilterra è battuta da lontano.
Il livello raggiunto dalla flotta norvegese al 1° gennaio 1940 è il più alto finora registrato. Dalle statistiche risulta che nel 1915 il tonnellaggio complessivo era di 2.594.199 tonn.; nel 1937 supera di poco i 4 milioni; oggi sfiora i 5, il che dimostra che in tre anni la flotta norvegese è aumentata di circa 700mila tonnellate. Cifra ragguardevole sotto tutti i rapporti, che dimostra, inoltre, come una grande percentuale del naviglio che batte bandiera norvegese sia moderno.
Circa 1 milione e duecentomila tonnellate sono rappresentate da navi petroliere, molte delle quali, le più moderne, costruite in Italia.

La flotta norvegese è certamente la più strana del mondo. Esistono centinaia di navi che solcano i mari del Pacifico o dell’Oceano Indiano, le quali non hanno mai visto un porto norvegese. Sono state impostate, varate, allestite, hanno preso il mare battendo la bandiera di Re Haakon e sono invecchiate tanto da finire nei bacini di disarmo senza aver mai avvistati i pittoreschi fiordi della loro Patria. Ma l’equipaggio è sempre formato da norvegesi, gente che se ne va per interi lustri e torna per trovare magari sposata la figlia che «prima» andava a scuola.

«La nostra vita è sul mare!» dicono i norvegesi ed affermano la grande verità della loro esistenza. «Navigare necesse!» ci diceva il signor Bryn, il giorno che ci volle ricevere per raccontarci vita e miracoli della «sua» flotta.

Per questo la vita nazionale della Norvegia attraversa momenti tanto difficili. La minaccia sovietica, la guerra in Europa, il futuro destino del Paese, tutte queste cose sono nelle mani di Dio e nessuno può oggi prevedere ciò che sarà. Ma il mare non è più libero, la flotta trova inciampi per funzionare, le derrate non giungono più, il carbone scarseggia, i prezzi aumentano, la disoccupazione diventa insopportabile per l’erario che è costretto a tassare come non mai i proprii cittadini.
«Noi non abbiamo colonie, non abbiamo mai mirato a prendere territori altrui, ci siamo creati col coraggio dei nostri marinai e col nostro lavoro una «colonia flottante». Perché ce la devono portar via, impedendole di navigare?». Questo ci diceva un signore, di nostra conoscenza. E nelle sue parole compendiava la più grave questione — quelle politiche a parte – che sia sorta in Norvegia dall'inizio della guerra, questione che noi studieremo accuratamente nel corso della nostra inchiesta attraverso la Norvegia.


lunedì 23 dicembre 2019

La vita della Norvegia è tutta sul mare - I° parte

Articolo di Felice Bellotti tratto da La Stampa del 16 febbraio 1940

Oslo, febbraio.
Io credo che non ci sia ragazzo al mondo il quale non abbia avuto per compagno d’avventure, nel mondo senza confini della fantasia, un marinaio norvegese. Norvegia e mare costituiscono, anche per chi non conosca questo stranissimo Paese, quasi un corpo unico, e davvero sarebbe difficile impresa separare quassù la terra dalle acque, perché il mare penetra profondamente nel cuore del Paese coi pittoreschi fiordi, lunghi alle volte centinaia di chilometri, creando una intricatissima rete di canali – che chiamiamo cosi per renderne l’idea anche se non sono affatto canali perché sono bracci di mare.


Alle origini
Questa configurazione geografica della Norvegia ha logicamente portato i primi uomini che giunsero su queste inospitali rocce a cercare nel mare i loro mezzi di sostentamento. Le poche traccie di archeologia esistenti consistono in primitivi disegni scalfiti nella roccia e rappresentanti scene di pesca. Per centinaia di anni, forse per migliaia, i biondi figli del nord che nessuno saprà mai da che parte siano giunti quassù, si sono accontentati della misera vita del pescatore, costruendo le loro capanne con pietre cementate dalle grasse e robuste alghe che rappresentano la sola vegetazione delle zone più settentrionali. Poi gli infiniti orizzonti del mare fascinarono questi uomini che di generazione in generazione avevano finito per prendere confidenza ed amore colle onde. Siamo all'epoca dei leggendari Vichinghi, i formidabili navigatori che si spinsero in tutte le terre conosciute e sconosciute del mondo medioevale, raggiungendo le coste gelide della Groenlandia e il caldo granaio siciliano. 

Audacissimi navigatori, questi antenati dei norvegesi, ricevendo accoglienze piuttosto ostili in tutte le contrade che visitavano, sia per il loro carattere rissoso sia perché, privi di donne nel corso dei loro venturosi viaggi, pretendevano, giunti a terra, di prendersi quelle degli altri, a un certo punto finirono per convincersi che il loro rifugio più sicuro era rappresentato dalle navi. Quel lontanissimo giorno ha inizio la bellissima storia della marina norvegese, arma da preda nei primi tempi e mezzo di commercio poi, quando la pirateria cominciò a diventare troppo pericolosa e poco redditizia per la concorrenza spietata dei Saraceni nel Mediterraneo e dei Britanni e degli Olandesi nei mari settentrionali.

Da allora la marina mercantile è sempre stata alla base di tutta la vita nazionale norvegese. Guerre e prosperità, crisi politiche ed economiche, tutte queste faccende fecero e fanno costantemente capo alla flotta. Fu per spalleggiarsi a vicenda che i norvegesi, nel 872, decisero di formare una unica nazione, in seno alla quale le varie tribù si impegnavano a prestarsi mutuo soccorso contro il nemico. Ma questa è storia vecchia, piena di leggende assai belle, ma che esulano dal nostro compito.


La separazione dalla Svezia
La più importante crisi politica generata dalla flotta in tempi moderni è quella occorsa trentacinque anni or sono, quando la Norvegia decise di separarsi dalla Svezia e di formare un Regno a sé. I due Paesi scandinavi vivevano pacificamente uniti sotto lo stesso simbolo reale, da quando, imperversando in Europa la sanguinosa gloria di Napoleone, un Bernadotte era salito al trono, Re di Svezia e di Norvegia. I due Paesi avevano allora propri Parlamenti, propri Governi, proprie leggi, propria amministrazione, costituivano, insomma, un tipico caso di «unione personale» sotto lo stesso Re, avendo in comune solamente il Ministero degli Affari Esteri, del quale potevano far parte funzionari o diplomatici sia norvegesi che svedesi. Ora avvenne che i funzionari svedesi fossero assai più numerosi di quelli norvegesi e che questi, invece, sentissero la necessità di avere nei ruoli la maggior parta dei consoli per tutelare gli interessi della flotta sparsa in tutti i mari del mondo. Sembra infatti che i consoli svedesi se ne infischiassero tranquillamente degli interessi di questi biondi marinai che partivano dalla Norvegia per farci ritorno dopo due o tre lustri. Vera o non vera questa faccenda, sta di fatto che, nel 1905, regnando Oscar II Bernadotte, la crisi scoppiò. 
Non accadde nulla di straordinario: il governo norvegese presentò le dimissioni a se stesso (questo è il solo particolare curioso) e poiché costituzionalmente il Re non poteva essere Re senza il Governo, Oscar II, automaticamente, cessò di essere Re di Norvegia. I pacifici norvegesi, allora, chiesero a Stoccolma un principe del sangue per farne il loro Sovrano, ma gli svedesi erano furibondi e risposero negativamente, dicendo che di Re ce n’è uno solo e che se volevano Oscar II bene, altrimenti andassero a cercarsene un altro. Dove? La scelta non fu difficile: chi aveva regnato sino al 1814 sulla Norvegia? La Casa di Glücksburg. Dov’era andata a finire questa Reale Famiglia? In Danimarca. Bene, una missione partì per Copenaghen, si presentò a corte e chiese che venisse restituita alla Norvegia la famiglia dei suoi legittimi Sovrani. I Danesi trovarono che la richiesta era davvero eccessiva, ma concessero che un principe partisse e Haakon VII di Glücksburg (che vuol dire «Rocca della Fortuna») divenne Re di Norvegia. 
Così i norvegesi furono in condizione di creare un Ministero degli Affari Esteri e di nominare tutti i consoli che vollero. Questi funzionari naturalmente, uscirono tutti dalle Compagnie di Navigazione e si sparsero per il mondo tutti intenti a difendere gli interessi dei loro padroni effettivi, convintissimi che servivano la Patria perchè la flotta e la Norvegia, per loro, sono esattamente la medesima cosa. Tutta questa faccenda si svolse tra il 29 maggio e il 7 giugno 1905. Se ne parlò moltissimo nel mondo, ma allora la mentalità era diversa e la borghesia frivola di quel felice periodo prebellico volle considerare lo sconquasso come un argomento per pettegolare su una Famiglia Reale piuttosto che la verità, rappresentata da una questione di marinai e di pescatori che poteva sembrare plebea, ma che rappresentava la vera vita del popolo norvegese. Dunque, nel 1905, i norvegesi, per difendere gli interessi della loro flotta, mandarono a spasso un Re e se ne presero un altro, lo stesso che regna ora con grande soddisfazione di tutti, perché Haakon VII è un sovrano amatissimo.