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sabato 25 luglio 2020

Il Gladiatore, il Medico e l'Erba cipollina

Chi la chiama Aglio ungherese, chi Porro sottile, chi Allium schoenoprasum (odo i botanici sorridere) e chi non la chiama affatto non chiede che erba sia, ma la mangia sempre con gran gusto: stiamo parlando dell'Erba cipollina, una delle piante perenni più usate in cucina e ritenuta un ingrediente indispensabile della nostra gastronomia.

Il nome Allium schoenoprasum deriva dal termine latino “Allium” (aglio) e dal greco "schoenos" (giunco) e "prasos" (porro), perché l'aspetto affusolato delle foglie ricorda quello del giunco, ma il gusto è simile al sapore pungente del porro. 
I fiori sono commestibili e li si può utilizzare per decorare le insalate e donare loro un delicato sentore di cipolla; allo stesso modo le foglie e i bulbi sono perfetti per guarnire e insaporire minestre, per condire formaggi spalmabili e per aromatizzare salse. In effetti sono in tanti a preferire l'Erba cipollina alla cipolla e all'aglio, perché usata fresca ha un aroma lieve che ricorda entrambi, ma che svanisce facilmente.
Il fatto che sia un'erba versatile in cucina, è testimoniato anche dall'uso che si fa delle sue foglie: grazie alla loro elasticità sono spesso impiegate per legare piccole preparazioni a forma di fagotto, o le omelettes, o i mazzetti di verdure lessate.
C'è anche chi la coltiva perché è semplicemente una bella piantina da tenere sul balcone o in giardino e questo per via delle sue infiorescenze, composte da numerosi piccoli fiori rosei, che possono essere addirittura essiccate, mettendole a testa in giù in un luogo fresco, asciutto e ben ventilato, per preparare bouquet di fiori secchi.

Sta di fatto che nel corso del tempo, l'umanità ha usato l'Erba cipollina e le piante del genere Allium perché in qualità di piante officinali, erano ritenute un buon rimedio per la salute; le loro proprietà terapeutiche sono indicate in caso di malattie cardiovascolari, poiché riascono a regolarizzare i valori pressori, a migliorare la circolazione centrale e periferica del sangue e a contrastare l'insorgenza dell'arteriosclerosi.
L'Allium, storicamente, assume un ruolo rilevante verso il 2300 a.C., a seguito della bonifica dei territori occupati dal popolo dei Sumeri nell'attuale Iraq sud-orientale, fino ad allora paludosi e malsani; la birra all'aglio viene in seguito citata nel codice di Hammurabi del XVIII secolo a.C. e anche i Greci e i Romani ne usavano in quantità. Questi ultimi poi consacrarono a Marte, dio della guerra e simbolo di potenza, questa pianta povera eppure ricca di virtù. “Ubi allium, ibi Roma”, recita un antico proverbio contadino del Lazio e non a torto, dato che grandi quantità di aglio venivano masticate tanto dai gladiatori prima di scendere nell'arena, quanto utilizzate dai medici come disinfettante durante gli interventi chirurgici.
Al di là della superstizione che vuole l'aglio il peggior nemico dei vampiri, pare che questa pianta rappresenti un ottimo rimedio per stanare le talpe dal terreno.
C'è però un'antica leggenda musulmana che può celebrare il sapore semplice e complesso dell'Allium schoenoprasum, che racconta di quando Satana, allontanandosi dal Giardino dell'Eden dopo il peccato originale, avrebbe lasciato delle impronte ben visibili sul terreno e di come da quelle impronte sarebbero spuntate a sinistra una pianta di aglio e a destra una di cipolla.

Non vorrei lasciarvi così, senza qualche indicazione per un aperitivo fresco, adatto alla stagione e facilissimo da preparare, per cui care Esploratrici e cari Esploratori, andate in cucina a cercare gli ingredienti necessari a preparare i:

Rotolini di zucchine con ricotta e menta
Ingredienti
200 gr di ricotta 
4 zucchine grandi
alcune foglioline di menta fresca
erba cipollina fresca
olio extravergine d’oliva
sale
pepe

Mondare e tagliare le zucchine in sottili strisce per il lungo, grigliarle in una bistecchiera e disporle su un piatto largo o un vassoio. Spennellatele con un po' d'olio.
Amalgamare in una ciotola la ricotta, due cucchiai d'olio, l’erba cipollina e la menta sminuzzate. Regolare di sale e pepe.
Spalmare una cucchiaiata di ricotta sulle strisce di zucchine grigliate e poi arrotolatele delicatamente, disponendole dal lato piatto su un tagliere: per evitare che il rotolino si apra, potete legarlo con una foglia di erba cipollina. 
Offrire come aperitivo insieme a un calice di Pinot Grigio a temperatura di servizio.

Buon appetito!

giovedì 23 luglio 2020

Il rituale del raccolto nella valle dei nomadi

In una remota valle dell'Himalaya indiano, una volta ogni tre anni, la fine del raccolto porta con sé insolite processioni e canti notturni: è il Bono Na, un rituale che si tiene alternativamente nel villaggi di Garkon e Dha, per suggellare l'unione tra gli spiriti della montagna e i Brokpà, una piccola comunità di Dardi che vive nel Ladakh dai tempi delle grandi migrazioni indoeuropee, nell'età del bronzo. I Dardi sono un'etnia appartenente a un gruppo linguistico di ceppo indo-europeo, o per meglio dire indo-ariano, che prima di conquistare l'India settentrionale viveva in Asia centrale; naturalmente il termine ariano non va confuso con nulla che riguardi la teoria nazista sulla superiorità della razza ai fini della propaganda razzista!
Sembra sia stato lo storico greco Erodoto dare a questo gruppo sociale il nome di Dardi, localizzandone il territorio in un’area corrispondente all'odierno Afghanistan nord-orientale.
Nella valle di Dah-hanu, a circa 24 chilometri a nord di Kargil presso la strada militare indiana, esiste l'unica colonia di Dardi autentici, costituita da una popolazione di circa settecento individui. I Brokpà, termine tibetano che significa nomadi, vivono una vita autonoma ed indipendente, un’autarchia basata sui frutti offerti dalla terra di queste valli relativamente basse di quota e dal clima favorevole.

Il Bono Na è quindi un piccolo evento per quanto riguarda il Ladakh, l'Himalaya o l'India intera, ma unico e antico, ereditato dall'alba dei tempi.


Inerpicandosi su uno stretto e ripido sentiero, zigzagando tra alberi di albicocche e grotte rupestri, si arriva a una serie di case allineate sotto una scarpata rocciosa. Ai piedi di questo insediamento si stendono degli appezzamenti coltivati, dove orti, frutteti, colture di cereali e fiori formano un’unica gamma di colori e profumi, tra la geometria variabile dei muri a secco e la sinfonia pastorale di rivoli abilmente canalizzati.

Nel pomeriggio, gli anziani si radunano attorno a un fuoco di ginepro e chiamano con il loro canto "lha", il misterioso intermediario tra gli Dei e gli uomini scelti a turno dagli abitanti del villaggio. Chissà se gli Dei i accetteranno l'invito? Le donne guardano lontano, dalle terrazze sui tetti; c’è chi porta porta pezzi di una capra sacrificati il ​​giorno prima, che gli uomini riuniti condividono ritualmente, compresi i musicisti che si sistemano e iniziano a suonare le melodie tradizionali. Quando scende la notte il grande fuoco getta ombre danzanti tutt'intorno e a turno donne e uomini intonano antichi canti. Gli uomini recitano l’epopea epica della loro gente, le donne eseguono canzoni audaci e a poco a poco i danzatori si avvicinano, sfiorandosi l'un l'altra, quasi incontrandosi all'unisono nello stesso lamento. In passato ogni ballerina poteva abbracciare, baciare, sedurre liberamente il suo partner o persino scivolare via discretamente nel buio, per la notte o per la vita. Un atteggiamento impensabile oggi, ritenuto un parossismo pagano oggi, in un momento in cui questa antica civiltà è minacciata da tutti i versanti.

Sebbene ufficialmente buddisti, i Dardi della valle dell'Indo, seguono un loro sistema di credenze ancestrali, un mix di costumi animistici e riti sciamanici, che ruotano attorno al culto degli antenati e all'adorazione della natura. Rispettosi verso gli animali domestici a tal punto da non bere latte vaccino e non usare lo sterco di mucca come combustibile, cercano di evitare ogni contatto stretto con questi animali. Per contro riveriscono la capra come simbolo di fertilità e prosperità, ritenendola un'eccellente offerta da sacrificare sugli altari delle loro divinità.
Protetti dall'inaccessibilità della loro valle, essi hanno conservato la propria identità culturale: un microcosmo di umanità e tradizioni rimasto intatto dai tempi del loro arrivo.

mercoledì 22 luglio 2020

Il comunismo religioso del villaggio di Soatanana

Come un esercito di angeli delle campagne, tutti senza eccezione, scendono in processione lungo la strada principale del villaggio di Soatanana. In ordine e in silenzio. Uomini, donne e bambini mescolati insieme vestiti con una lunga toga bianca, camminano svelti come se li pungolasse il diavolo stesso. Come ogni domenica, non un devoto perde la chiamata: guidati dall'eco della campana della domenica, questa schiera di vesti bianche arriva, a un certo punto, a una vasta piazza di terra battuta, dominata da un enorme tempio in cui tutti ordinatamente entrano. Ritto sulla porta, un pastore guarda il proprio gregge, incoraggia i bambini, scherza con un gruppo di donne, rimprovera un ritardatario.


A quaranta chilometri a ovest della città di Fianarantsoa, ​​nel cuore delle Alte Terre del Madagascar, il villaggio di Soatanana costituisce il centro storico dei "Discepoli del Signore", in malgascio Mpianatry ny Tompo , un movimento protestante fondamentalista i cui praticanti hanno la particolarità di essere invariabilmente vestiti di bianco. Isolato nel cuore dell'isola nel paese di Betsileo, il piccolo villaggio originariamente fu soprannominato dal suo fondatore La nuova Gerusalemme
A prima vista, sembra un paese come tutti gli altri, tuttavia, dietro questa apparente banalità, si nasconde un'organizzazione sociale estremamente singolare che potrebbe essere definita ironicamente come un comunismo religioso. La società Soatanana, spiega la sociologa Lucile Jacquier-Dubourdieu, si basa su un'economia collettiva molto strutturata, in cui tutte le risorse finanziarie sono centralizzate dal consiglio degli anziani, che gestisce i fondi a beneficio di tutti. La comunità ha quindi un proprio taxi-brousse, i "taxi della savana" che fanno la spola tra città limitrofe, una sua scuola superiore privata e un suo dispensario, nonché un sistema di assistenza per malati e anziani.

Considerata da alcuni come una setta a causa della sua organizzazione autarchica e del suo radicalismo, la comunità aspira unicamente a una vita semplice nel rispetto dei grandi precetti biblici: amore per il prossimo, umiltà, accoglienza, carità, pentimento.
Siamo di fronte a una piccola società modello? a una sorta di paradiso terrestre? Non proprio. 
Purtroppo non è una terra di beatitudine e felicità, poiché come ovunque in Madagascar gli abitanti di Soatanana vivono in povertà e miseria. A ciò si aggiunge che la vita del piccolo villaggio è divisa in due: luterani e cattolici si confondono nella parte meridionale del villaggio, mentre i discepoli sono raggruppati a nord.

Tutti i seguaci di Rainisoalambo, primo presidente dei Discepoli e fondatore di Soatanana, devono indossare questo lungo abito, l'akanjo didimananjara, accompagnato da uno scialle d'avorio, il lamba fitafy e un cappello di paglia, il satroka. Indossano la veste del Paradiso in terra, la veste degli angeli, si battono per un ideale che l'umanità forse non potrà mai raggiungere, ma sopportano questo peso in nome della presenza del divino nei loro cuori.
Verso mezzogiorno, alla fine della cerimonia religiosa, gli angeli se ne vanno come sono venuti: in processione, in ordine e in silenzio, come un microcosmo in movimento sospeso tra Cielo e Terra.

martedì 21 luglio 2020

Il pioppo, l'albero che sussurra al vento

Nella Pianura Padana, un tempo, quando nasceva una bambina si usavano piantare in suo onore mille piccoli alberi di pioppo: al compimento della maggiore età il ricavato del taglio degli alberi avrebbe costituito la dote della ragazza. Una storia che sembra l’inizio di una leggenda, eppure il pioppo, che nei viali delle nostre città viene impiegato come pianta ornamentale, ha avuto da sempre una valenza molto profonda per l’umanità.


Alla minima brezza le chiome di questi alberi stormiscono, levando un brusio che ricorda quello di una folla, per questa ragione i romani chiamarono il pioppo populus, probabilmente da Arbor populi ovvero "albero del popolo", un'ipotesi etimologica tanto affascinante quanto incerta.
I celti lo consideravano un albero oracolare, intermediario sonoro tra il mondo degli uomini e il Sidhe, il popolo fatato dell'oltretomba irlandese; per la tribù di nativi americani Lakota lo stormire delle foglie del pioppo (wa’ga čan) sono le preghiere che l’albero invia alla divinità, e il suo fusto rappresenta l'Albero Sacro (čan wakan), l’elemento più importante della Capanna della Danza del Sole.

A questo punto gli appassionati di fumetti ricorderanno che fu Cavallo Zoppo, sciamano Lakota della tribù di Coda di Toro, a dare inizio alla saga dell'eroe bonelliano Magico Vento. Il pioppo Waga Chun, l'albero sussurrante, lo aveva messo sulle tracce di Ned Ellis, dicendogli:

"cerca colui che è stato dimenticato, il vento ti dirà come raggiungerlo".

Su una tavoletta di pioppo un certo Leonardo da Vinci dipinse uno dei suoi capolavori più conosciuti, la "Gioconda", e prima di lui molti artisti italiani del Medioevo consolidarono un sodalizio artistico con il pioppo, il tiglio e il cipresso dando vita a meravigliose pitture su tavola, pale da altare e polittici che avrebbero ornato chiese e palazzi nobiliari.
A dirla tutta il legno di pioppo, data la sua grande reperibilità e il suo basso costo, viene impiegato oggi per la fabbricazione di pannelli di compensato, cassette da imballaggio, carta, stecchi per gelati e fiammiferi, ma vanta anche altre caratteristiche interessanti come quella di riuscire a prelevare dall'atmosfera 70-140 litri di anidride carbonica all'ora per cederne altrettanti di ossigeno e recenti studi lo indicano anche come una pianta capace di depurare le acque da sostanze inquinanti.
Un albero che è sinonimo di tutela ambientale, di miglioramento della qualità dell’aria e dell’acqua, che incrementa proprio per questo la biodiversità degli habitat naturali e rappresenta una fonte rinnovabile di energia.