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lunedì 2 settembre 2019

Raymond Maufrais: storie e misteri di una vita avventurosa - I° parte

Sulla copertina del volume “Aventures en Guyane”, pubblicato nel 1952 da Julliard nella collezione "La Croix du Sud", diretta da Paul-Émile Victor, vediamo un giovane in giacca safari, con la pipa in mano. Il viso è liscio, ben delineato, la fronte alta e larga, il sorriso appena accennato, l'aria determinata: l'immagine perfetta dell'eroe.
E’ la foto di un giovane esploratore francese nativo di Tolone, scomparso nella giungla a 24 anni, di cui non si seppe più nulla e di cui non fu ritrovato neppure il corpo.
Se la foresta pluviale l'ha inghiottita ormai da tempo, la sua memoria è ancora viva tra tutti coloro che lo conoscevano, o che sono stati toccati dalla tenacia con cui suo padre è andato a cercarlo fin nelle più remote regioni amazzoniche.

Si chiamava Raymond Maufrais e questa è la sua storia.

Raymond Maufrais nacque a Tolone, il primo giorno di ottobre del 1926, sotto il segno della Bilancia. Sin dai primi anni di scuola, manifestò un carattere forte e conflittuale, tanto che i genitori si trovarono presto obbligati a mandarlo in collegio fuori città, a nove anni non compiuti.
Con due compagni, ai quali lodò le lontane colonie francesi come un paradiso terrestre, saltò le mura del collegio e scomparve nelle regioni boscose e collinari del Haut-Var. La gendarmeria, dopo aver battuto la regione per quattro giorni, trovò Raymond e i suoi due compagni in una grotta, in buona salute: avevano portato con sé delle provviste. "Pensavo di poter arrivare in una colonia camminando verso la montagna", ammise ai gendarmi.

Nell'ottobre del 1939, entrò nell'École Rouvière a Tolone. Non era quello che si potrebbe definire uno studente brillante, ma aveva ottimi voti in letteratura e amava i classici a tal punto che il suo insegnante di francese, osservando queste sue doti di scrittore, lodò la sua capacità di descrivere luoghi e situazioni. Fu allora che i suoi insegnanti iniziarono a chiamarlo "il futuro giornalista", cosa che lusingò enormemente le ambizioni del piccolo Raymond, ma che gettò nella disperazione sua madre, la quale non aveva mai nascosto il desiderio di saperlo, un giorno, impiegato contabile presso l'Arsenale marittimo di Tolone, così come il padre Edgar.
Raymond, a quel punto, attaccò di fronte al suo banco di scuola, una mappa del Sud America, acquistata all’insaputa dei genitori. All’altezza del Mato Grosso, stato del Brasile centrale il cui nome significa "giungla fitta", disegnò una croce rossa e disse alla madre: "Questo è dove andrò. Diverse spedizioni hanno fallito, ma io ci riuscirò".

Durante la seconda guerra mondiale partecipò, come molti giovani della sua età, a piccole azioni di resistenza, con cui sentì che stava aiutando il proprio Paese nella lotta per liberare la Francia dall'oppressore; suo padre Edgar, al pari suo, si unì segretamente alla resistenza nel giugno del 1942 e divenne leader di gruppo partigiano.
Dopo la liberazione di Tolone, Raymond volle condurre una attiva, una vita da uomo come la definiva e così si arruolò nell'esercito, prima come corrispondente di guerra, poi come paracadutista. Viaggiò in Corsica, in Italia, lungo la Costa Azzurra e nel luglio del 1946 si imbarcò per il Brasile, senza un soldo in tasca.


A Rio de Janeiro conobbe una dozzina di giovani, di origini e nazionalità diverse, ma tutti accomunati e guidati dal demone dell'avventura: una sera di inizio settembre, scommise mille cruzeiros con l'editore del Brazilia Herald che sarebbe andato nelle terre inesplorate del Brasile centrale; attraverso una fitta rete di amicizie intessute in poco tempo, riuscì davvero nel suo intento e gli venne data l’opportunità di partecipare a una missione di pace con gli indiani Chavantes, chiamati "gli assassini del Mato Grosso" e considerati molto ostili ai bianchi.
Ingannò l’attesa delle settimane che precedevano questa avventura prendendo appunti per il libro che intendeva scrivere. Incontrò trafficanti di pelle, cercatori d'oro e di diamanti, descrisse le sofferenze, le speranze e le delusioni di queste persone, ossessionate dalla scoperta della grande pepita o del colossale diamante che avrebbe potuto renderli immensamente ricchi.
Alla fine la missione ebbe inizio e dopo 1.800 chilometri di fiumi, 900 di pampas e foreste, giunse in una radura nel cuore del Mato Grosso, in cui scoprì i resti di una spedizione precedente. Lo stupore venne improvvisamente interrotto dall’accoglienza ostile degli indiani, che scagliarono frecce sugli esploratori, disperdendoli in una fuga precipitosa. Il ritorno fu particolarmente doloroso. La truppa, al colmo della delusione, tornò sui propri passi soffrendo la fame e la sete.

martedì 27 agosto 2019

L'ebbrezza del camminare. Piccolo manifesto in favore del viaggio a piedi

"Nell'epoca in cui vanno di moda le forme di viaggio rapide e facili, perché l’andare a piedi resta un modo privilegiato di relazionarsi con il mondo? Perché permette una più intensa sottigliezza dello sguardo sulla natura e una più grande disponibilità verso gli altri? Quali sono i luoghi del pensiero ai quali accede il camminatore di lungo corso? Grazie alla diversità dei terreni e del clima che egli affronta, al rapporto specifico che intesse con i luoghi che attraversa, il viaggiatore a piedi prova scoperte e sensazioni particolari, intimamente legate all'ascesi e alla semplicità della propria vita nomade: l’incontro umano, che il cammino rende più sincero, il confronto con la fauna selvaggia, che l’andare a piedi consente di avvicinare meglio, un ritorno meditativo su di sé infine, sono le ricompense per chi fa lo sforzo di camminare liberamente e di prendere il suo tempo."


Prezzo: € 8,50
Numero di pagine: 96

martedì 9 luglio 2019

Le Parole dell'Avventura: FILIBUSTIERE

SIGNIFICATO Pirata del XVII secolo; persona disonesta
ETIMOLOGIA dall'inglese freebooter composto di free libero e booty bottino - saccheggiatore libero, nome con cui venivano indicati i bucanieri inglesi.
PAROLA DELLE ORIGINI
Filibustieri, bucanieri, corsari, pirati. Vogliono dire la stessa cosa? Non esattamente.

I bucanieri erano dei cacciatori di frodo dell'entroterra, che traevano il loro nome da [boucan] la graticola su cui arrostivano la carne - secondo l'usanza dominicana del [barbicoa], da cui deriva [barbecue]. Rozzi e non ben organizzati, la loro storia cambiò con una particolare alleanza.

Dei fuggitivi olandesi, francesi e inglesi, cacciati dagli Spagnoli da altre isole delle Antille, si riunirono sull'isola di Tortuga all'inizio del XVII secolo, e con la connivenza istituzionale dei rispettivi Stati fondarono la "Filibusteria", associazione che assaltava i ricchi possedimenti e i galeoni spagnoli. Ma l'appoggio istituzionale non era ufficiale, e in questo i filibustieri si distinguevano dai corsari, che invece possedevano una "lettera di corsa" o "di marca" firmata dal sovrano, con cui erano autorizzati a saccheggiare le navi mercantili nemiche (mentre i pirati erano fuorilegge autocratici, senza alcun legame istituzionale). Ad ogni modo l'odio comune per gli Spagnoli fece unire i bucanieri ai filibustieri, e il nome di questi ultimi ebbe una tale risonanza da essere utilizzato anche nel Vecchio Continente per indicare le bande di saccheggiatori; infine questo termine passò ad indicare semplicemente le persone disoneste, con un colore che rifacendosi a tanta storia impreziosisce il discorso in cui sia inserito.

Finito il 1700, le potenze marittime decisero di porre fine al potere della Filibusteria, e i filibustieri dei Caraibi furono dispersi, sopravvivendo come avventurieri in Africa e nel Pacifico - finché anche le ultime parti bianche della cartina del mondo non furono riempite.

venerdì 28 giugno 2019

I diecimila Buddha di Po Win Taung

Nella Birmania centrale lungo la riva destra del fiume Chindwin, a duecento chilometri dalla città di Mandalay, sorge il sito sacro di Po Win Taung, la più grande collezione di pitture rupestri nel sud-est asiatico. Un santuario eccezionale e poco conosciuto, che ripercorre in mille grotte molti secoli di arte, storia e cultura buddista.


Queste grotte che da fuori non sembrano essere così degne di nota, al loro interno custodiscono un vero tesoro: tutte le gallerie furono scavate da semplici fedeli o da artisti di talento pagati da ricchi credenti, per lo più tra il XIV e il XVIII secolo. Costituiscono quindi un'antologia unica di sale di preghiera e cappelle che contengono quasi diecimila rappresentazioni del Buddha, tra sculture dipinte e pitture murali.
Ciascuno dei templi sotterranei ha una sua atmosfera speciale, a seconda dello stile artistico proprio del periodo storico in cui è stato costruito. Custodita da quattro leoni a grandezza naturale la grotta di Naraban risalente al 1550, si distingue come una delle più antiche, mentre le grotte dipinte con uno sfondo vermiglio, come quella della Rosetta, sono caratteristiche del XVII secolo e i vasti templi che imitano l'architettura europea risultano scolpiti nel XIX secolo. 
Sebbene la realizzazione delle sculture e delle pitture murali copra un arco temporale molto più ampio, la maggior parte di esse appartiene allo stile Naung Yan: il secondo periodo del cosiddetto stile Inwa o Ava, sviluppatosi tra il 1597 e il 1752. Questo stile delicato presenta personaggi allungati con visi dolci e arrotondati che prendono parte a scene pie o profane. Un magnifico esempio di questo periodo, la cosiddetta "Queen's Cave" stupisce il visitatore con un soffitto riccamente dipinto che illustra, come in un cartone animato, le ultime dieci vite del Buddha sulla via dell'illuminazione.
L'area sacra di Po Win Taung è ancora oggi molto frequentata proprio come luogo di culto. Una continuità storica dimostrata dalle offerte portate in dono dai pellegrini, i quali accendono bastoncini di incenso e depositano doni sugli altari, esattamente come raffigurato nelle pitture murali di trecento anni prima.


Relativamente ben conservati fino ad oggi, questi tesori dimenticati purtroppo stanno gradualmente subendo le devastazioni del tempo: le inondazioni del vicino fiume, la friabilità della roccia vulcanica, la mancanza di regole per gestire il numero crescente dei turisti e persino la presenza di una colonia di macachi piuttosto invadenti stanno creando dei seri problemi alla conservazione di questo patrimonio. 
Senza contare la minaccia rappresentata dai saccheggiatori, che razziano spudoratamente inestimabili gioielli di arte sacra, tagliando le teste di molte statue per rivenderle.
Anche se l'impermanenza del mondo è uno dei concetti chiave del buddismo, il nostro augurio è che i credenti di Po Win Taung troveranno insieme il modo per salvare questi tesori di bellezza strappati all'oscurità.