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martedì 25 agosto 2020

Harry Bensley, l'uomo dalla maschera di ferro

Una sera del 1907 al National Sporting Club di Londra, due gentiluomini stavano sostenendo un'interessante conversazione: dibattevano sulla possibilità che avrebbe avuto un uomo di portare a compimento il giro del mondo senza mai svelare la propria identità.
Questi due signori erano il banchiere americano John Pierpoint Morgan e Hugh Cecil Lowther Lonsdale (sì, esattamente colui che istituì il trofeo pugilistico comunemente noto come Lonsdale Belt, da cui poi avrebbe preso il nome il marchio d’abbigliamento sportivo Lonsdale). 
Lonsdale era convinto che fosse possibile, Morgan lo era un po’ meno e lanciò una sfida: chiunque l’avesse accettata si sarebbe aggiudicato 100.000 dollari (21.000 sterline), ma non prima di aver superato le insidie della più grande scommessa mai affrontata, accogliendo le gravose condizioni poste a guardia della ricompensa.
Il candidato avrebbe dovuto compiere un viaggio a piedi attraverso 169 città inglesi, più altre 125 in 18 Paesi del mondo, indossando una maschera di ferro.
Un terzo uomo, sentendoli chiacchierare si disse pronto ad affrontare l’avventura. 
Si chiamava Harry Bensley e questa è la sua storia.



Bensley era un uomo amante del rischio, dell’avventura, delle donne e del gioco d’azzardo, che nel 1904 era stato condannato a quattro anni di lavori forzati per bigamia e frode. Si diceva che avesse fatto fortuna attraverso certi investimenti in Russia, i quali gli fruttavano circa 5.000 sterline l'anno, cifra enorme a quel tempo. 
Morgan e Lonsdale dettarono delle condizioni a cui Bensley si sarebbe dovuto scrupolosamente attenere:
  • Fare il giro del mondo spingendo una carrozzina e indossando una maschera di ferro, presa da un’armatura, del peso di due chili per nascondere la propria identità lungo il viaggio
  • Entrare in possesso della licenza per vendere fotografie e opuscoli, con cui finanziare l’impresa, il cui prezzo era però fissato a non più di una sterlina.
  • Iniziare la scommessa partendo da Trafalgar Square, Londra, il primo gennaio 1908, alle 10.30 in punto.
  • Fare scalo nella capitale e in altre tre città indicate in un elenco allegato, in ogni contea dell'Inghilterra.
  • Ottenere un documento, firmato dal sindaco, o da qualsiasi altra persona di spicco in città, che attestasse data e ora di arrivo nel luogo indicato.
  • Ottenere il timbro postale di ogni città attraversata nel viaggio.
  • Indossare alla partenza i seguenti capi d’abbigliamento: un vestito, un paio di calze, una camicia, un sottogilet, un paio di pantaloni, un paio di stivali, fasce mollettiere, una maglia, un fazzoletto, una maschera: solo un cambio di biancheria intima era consentito come bagaglio.
  • Trovare moglie durante il viaggio senza mai togliersi la maschera.
  • Inoltrare un resoconto delle miglia percorse e delle città visitate con tutti i documenti necessari dal capoluogo di ciascuna contea inglese e da tutte le altre città.
  • Visitare i Paesi del mondo nell'ordine dell'elenco allegato.
Una delle cartoline con cui Bensley finanziò il viaggio
Tutte queste condizioni dovevano essere rispettate, pena l’annullamento della scommessa: tutte tranne una in effetti, poiché Harry alla partenza era già sposato. Bensley avrebbe viaggiato sotto la stretta sorveglianza di un uomo soprannominato “The Minder”, una sorta di guardia del corpo, che Morgan finanziò come garante dei termini della scommessa.
Il primo gennaio 1908 Harry Bensley, all'età di trentun anni, mosse il primo passo di questa pazza avventura in mezzo a una folla acclamante di londinesi accorsi a Trafalgar Square attirati dallo scalpore che l’evento aveva suscitato. Si mosse con disinvoltura in compagnia del suo uomo di scorta, spingendo una carrozzina nera e indossando un elmo brunito su cui capeggiava la scritta "Walking around the World".

Dei passi che seguirono sappiamo ben poco se non che durante il viaggio avrebbe venduto una cartolina al re Edoardo VII, ricevuto e garbatamente rifiutato ben duecento proposte di matrimonio, sarebbe finito in tribunale per aver venduto foto senza licenza scappando poi senza rivelare la propria identità, avrebbe percorso 30.000 miglia in sei anni raggiungendo la Cina e il Giappone, prima che la scommessa venisse annullata per lo scoppio della Prima Guerra mondiale.
Chissà se le cose sono davvero andate così?
Il ricercatore Tim Kirby ha tracciato in una mappa (che potete visualizzare qui) tutti i luoghi toccati da Bensley nel tortuoso viaggio tra Inghilterra meridionale e Galles nel 1908, corredando ogni tappa contrassegnata da una carrozzina dorata, di vari documenti d’epoca. Una ricerca estremamente ampia e approfondita, iniziata per comprendere stravagante storia di Harry e i suoi misteri.

Verità o finzione Harry Bensley, l'uomo con la maschera di ferro, tra spregiudicatezza e tenacia ha saputo incarnare alla perfezione l’immaginario eroico del globetrotter, per cui la meta del viaggio è principalmente il viaggio stesso, un avventuriero dal bagaglio leggero in cammino per conoscere e affrontare il mondo.

Bensley morì a Brighton, in Inghilterra, il 21 maggio 1956. E' certo.
Ma questa è un’altra storia.

Le Parole dell'Avventura: NOMADE

"Caravane dans le désert" di Eugène Girardet. Olio su tela, 1875.


SIGNIFICATO Popolazione che non ha dimora stabile; che si sposta continuamente
ETIMOLOGIA dal latino: nomas, a sua volta dal greco: nomas che erra per cambiare pascoli, da nemein pascolare.

Millenni fa qualcuno distinse il campo dalla pianura, scavò pozzi e canali, costruì città e templi, e diede vita allo Stato. Qualcuno invece scelse di continuare a vivere nelle tende, con gli animali, allevati e cacciati, sempre in movimento, sempre spostandosi cercando pascoli più verdi, terre più ricche in selvaggina - mercati più floridi.

Il nomade scorre, lieve, sulla terra: tutte le carovane e i cavalli non pesano quanto un palazzo; è fluido nell'organizzazione, coglie la vita che gli serve per la vita - né più né meno responsabile di un qualunque animale, nella cura del mondo, sia egli il tuareg colorato d'indaco che traversa il Sahara a dorso di dromedario, mercante di sale, tè e gemme, sia il terribile cavaliere unno che mastica carne frollata sotto la sella e caccia il nemico umano come preda nelle steppe sterminate dell'est, frustate dal vento freddo. A un tempo il nomade resta più vicino alla saggezza preistorica della bestia intelligente che vive con la natura; ora ignorante, ora fine poeta, vive affogato in superstizioni che però sono un linguaggio, una rappresentazione simbolica di una realtà che pulsa di energia. È da queste osservazioni che un uso figurato od esteso dovrebbe connotarsi.

Quello del nomade, in due parole, è come un fascino di gioventù: pare poco serio, ma è di vitalità magnetica.

Ultima nota: vista l'ampiezza precisa e la profondità poetica di questo termine, sarebbe meglio evitare di fomentarne un uso arbitrario nella spastica ricerca del politically correct. Nella stragrande maggioranza dei casi gli zingari, i gitani, i Rom o con quale altra approssimazione si vogliano chiamare (l'argomento è di profondo interesse antropologico e sociologico) sono stanziali. Non nomadi.

sabato 22 agosto 2020

Ci troviamo su una distesa di sole...


Ci troviamo su una distesa di sole di intensità abbagliante e di mare che riluce come uno specchio. Transtilla, la chiamano alle Lofoten, mare d’olio – di fegato di merluzzo – quelle rare volte che c’è una tale calma. Proprio davanti a noi ci sono cinquecento metri di profondità. Non abbiamo idea di quel che succede sotto quella membrana biancastra.


da "Il libro del mare" di Morten A. Strøksnes. Iperborea, 2015.

domenica 16 agosto 2020

Shaaw Tláa e l'oro amaro del Klondike

Il 16 agosto del 1896 George Carmack, Skookum Jim Mason e Dawson Charlie, risalendo il fiume Klondike, scoprirono casualmente dei ricchi filoni auriferi nel Rabbit Creek, un corso d’acqua nella valle del fiume Yukon. La storia ormai li ha riconosciuti come gli iniziatori di una delle più grandi corse all'oro mai avvenute, che spinse circa 100.000 individui a mettersi in viaggio verso gli insidiosi territori del Canada nord-occidentale e dell’Alaska, con il solo desiderio di trovare l’oro e di arricchirsi a dismisura. Una frenesia che accomunò masse di disperati e folle di professionisti, scrittori, fotografi, giornalisti, un sogno d’avventura e di libertà che trasformò questa gente nei pionieri della cosiddetta “Febbre del Klondike”. 

Gran parte degli storiografi ha però omesso un particolare importante, per non dire essenziale, e cioè la presenza di un quarto componente del gruppo: una donna.

Kate Carmack, moglie di George, secondo quanto tramandato dalle comunità indigene locali, sembrerebbe aver trovato la prima pepita d'oro, oltre ad aver svolto un ruolo fondamentale nella spedizione.
Kate, il cui vero nome era Shaaw Tláa era una indigena canadese Tagish che aveva perso marito e figlia durante un’epidemia di influenza. Sua madre la incoraggiò a sposare il marito della sorella defunta, un uomo bianco di nome George Washington Carmack, che nel 1887 si era messo in società con il fratello di Shaaw Tláa, Keish, conosciuto come Skookum Jim Mason e con suo nipote Káa Goox, noto come Dawson Charlie, per indagare il sottosuolo alla ricerca dell’oro. Il matrimonio tra i due fu presto celebrato, Carmack le diede il nome di Kate e la donna iniziò a viaggiare con i tre uomini. Per i successivi sei anni, la coppia visse nella regione di Forty Mile dello Yukon, dove George cacciava e Shaaw Tláa cuciva abiti invernali, guanti e mukluks (morbidi stivali indossati dai locali, tradizionalmente fatti di pelle di caribù) da rivendere ai cercatori d’oro, ricavando così il necessario per mandare avanti la famiglia. Nel gennaio 1893, Kate diede alla luce una bambina, Graphie Grace Carmack, e tre anni e mezzo dopo avvenne la scoperta dell’oro nel Rabbit Creek, oggi noto come Bonanza Creek, che fruttò alla coppia la bellezza di 100.000 dollari.

Gli anni a seguire furono complessi e dolorosi: George, esaltato dall’improvvisa ricchezza, cercò di rimandare Shaaw Tláa al suo clan per poter sposare Marguerite Saftig Laimee, una donna di dubbia reputazione e proprietaria di un bordello a Dawson City. Riuscì nel suo intento perché il loro matrimonio non era stato celebrato ufficialmente e malgrado i due stessero insieme da tredici anni e avessero una figlia, la richiesta di divorzio invocata da Shaaw Tláa non poteva sussistere.

George Carmack morì a Vancouver nel 1922, Marguerite ereditò la sua ingente ricchezza e si spense nel 1949. Shaaw Tláa dopo aver perso la custodia di sua figlia Graphie Grace, tornò al suo clan Tagish e visse gli ultimi anni della sua vita grazie a una misera pensione governativa in una capanna che Skookum Jim aveva costruito per lei a Carcross. 
Morì nel 1920 durante un'epidemia di influenza. 
Aveva 63 anni.