Articolo di Felice Bellotti tratto da La Stampa del 16 febbraio 1940
Oslo, febbraio.
Io credo che non ci sia ragazzo al mondo il quale non abbia avuto per compagno d’avventure, nel mondo senza confini della fantasia, un marinaio norvegese. Norvegia e mare costituiscono, anche per chi non conosca questo stranissimo Paese, quasi un corpo unico, e davvero sarebbe difficile impresa separare quassù la terra dalle acque, perché il mare penetra profondamente nel cuore del Paese coi pittoreschi fiordi, lunghi alle volte centinaia di chilometri, creando una intricatissima rete di canali – che chiamiamo cosi per renderne l’idea anche se non sono affatto canali perché sono bracci di mare.
Questa configurazione geografica della Norvegia ha logicamente portato i primi uomini che giunsero su queste inospitali rocce a cercare nel mare i loro mezzi di sostentamento. Le poche traccie di archeologia esistenti consistono in primitivi disegni scalfiti nella roccia e rappresentanti scene di pesca. Per centinaia di anni, forse per migliaia, i biondi figli del nord che nessuno saprà mai da che parte siano giunti quassù, si sono accontentati della misera vita del pescatore, costruendo le loro capanne con pietre cementate dalle grasse e robuste alghe che rappresentano la sola vegetazione delle zone più settentrionali. Poi gli infiniti orizzonti del mare fascinarono questi uomini che di generazione in generazione avevano finito per prendere confidenza ed amore colle onde. Siamo all'epoca dei leggendari Vichinghi, i formidabili navigatori che si spinsero in tutte le terre conosciute e sconosciute del mondo medioevale, raggiungendo le coste gelide della Groenlandia e il caldo granaio siciliano.
Audacissimi navigatori, questi antenati dei norvegesi, ricevendo accoglienze piuttosto ostili in tutte le contrade che visitavano, sia per il loro carattere rissoso sia perché, privi di donne nel corso dei loro venturosi viaggi, pretendevano, giunti a terra, di prendersi quelle degli altri, a un certo punto finirono per convincersi che il loro rifugio più sicuro era rappresentato dalle navi. Quel lontanissimo giorno ha inizio la bellissima storia della marina norvegese, arma da preda nei primi tempi e mezzo di commercio poi, quando la pirateria cominciò a diventare troppo pericolosa e poco redditizia per la concorrenza spietata dei Saraceni nel Mediterraneo e dei Britanni e degli Olandesi nei mari settentrionali.
Da allora la marina mercantile è sempre stata alla base di tutta la vita nazionale norvegese. Guerre e prosperità, crisi politiche ed economiche, tutte queste faccende fecero e fanno costantemente capo alla flotta. Fu per spalleggiarsi a vicenda che i norvegesi, nel 872, decisero di formare una unica nazione, in seno alla quale le varie tribù si impegnavano a prestarsi mutuo soccorso contro il nemico. Ma questa è storia vecchia, piena di leggende assai belle, ma che esulano dal nostro compito.
La separazione dalla Svezia
La più importante crisi politica generata dalla flotta in tempi moderni è quella occorsa trentacinque anni or sono, quando la Norvegia decise di separarsi dalla Svezia e di formare un Regno a sé. I due Paesi scandinavi vivevano pacificamente uniti sotto lo stesso simbolo reale, da quando, imperversando in Europa la sanguinosa gloria di Napoleone, un Bernadotte era salito al trono, Re di Svezia e di Norvegia. I due Paesi avevano allora propri Parlamenti, propri Governi, proprie leggi, propria amministrazione, costituivano, insomma, un tipico caso di «unione personale» sotto lo stesso Re, avendo in comune solamente il Ministero degli Affari Esteri, del quale potevano far parte funzionari o diplomatici sia norvegesi che svedesi. Ora avvenne che i funzionari svedesi fossero assai più numerosi di quelli norvegesi e che questi, invece, sentissero la necessità di avere nei ruoli la maggior parta dei consoli per tutelare gli interessi della flotta sparsa in tutti i mari del mondo. Sembra infatti che i consoli svedesi se ne infischiassero tranquillamente degli interessi di questi biondi marinai che partivano dalla Norvegia per farci ritorno dopo due o tre lustri. Vera o non vera questa faccenda, sta di fatto che, nel 1905, regnando Oscar II Bernadotte, la crisi scoppiò.
Non accadde nulla di straordinario: il governo norvegese presentò le dimissioni a se stesso (questo è il solo particolare curioso) e poiché costituzionalmente il Re non poteva essere Re senza il Governo, Oscar II, automaticamente, cessò di essere Re di Norvegia. I pacifici norvegesi, allora, chiesero a Stoccolma un principe del sangue per farne il loro Sovrano, ma gli svedesi erano furibondi e risposero negativamente, dicendo che di Re ce n’è uno solo e che se volevano Oscar II bene, altrimenti andassero a cercarsene un altro. Dove? La scelta non fu difficile: chi aveva regnato sino al 1814 sulla Norvegia? La Casa di Glücksburg. Dov’era andata a finire questa Reale Famiglia? In Danimarca. Bene, una missione partì per Copenaghen, si presentò a corte e chiese che venisse restituita alla Norvegia la famiglia dei suoi legittimi Sovrani. I Danesi trovarono che la richiesta era davvero eccessiva, ma concessero che un principe partisse e Haakon VII di Glücksburg (che vuol dire «Rocca della Fortuna») divenne Re di Norvegia.
Così i norvegesi furono in condizione di creare un Ministero degli Affari Esteri e di nominare tutti i consoli che vollero. Questi funzionari naturalmente, uscirono tutti dalle Compagnie di Navigazione e si sparsero per il mondo tutti intenti a difendere gli interessi dei loro padroni effettivi, convintissimi che servivano la Patria perchè la flotta e la Norvegia, per loro, sono esattamente la medesima cosa. Tutta questa faccenda si svolse tra il 29 maggio e il 7 giugno 1905. Se ne parlò moltissimo nel mondo, ma allora la mentalità era diversa e la borghesia frivola di quel felice periodo prebellico volle considerare lo sconquasso come un argomento per pettegolare su una Famiglia Reale piuttosto che la verità, rappresentata da una questione di marinai e di pescatori che poteva sembrare plebea, ma che rappresentava la vera vita del popolo norvegese. Dunque, nel 1905, i norvegesi, per difendere gli interessi della loro flotta, mandarono a spasso un Re e se ne presero un altro, lo stesso che regna ora con grande soddisfazione di tutti, perché Haakon VII è un sovrano amatissimo.