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martedì 1 febbraio 2022

Alexandra David-Neel, la prima europea nella città sacra di Lhasa

Nel 1923 due viaggiatori in cammino sulla polverosa strada per la città proibita di Lhasa, arrivarono a un bivio: sia la donna, l'esploratrice e scrittrice francese Alexandra David-Neel (1868-1969), che l'uomo, il suo giovane compagno e monaco buddista Yongden, sapevano bene che qualunque decisione avessero preso, avrebbero affrontato un grande pericolo.

La prima strada, passando per villaggi e monasteri, garantiva ai due la possibilità di trovare cibo e riparo, ma era pericolosa poiché il Tibet era vietato agli europei e Alexandra, nonostante il suo travestimento, poteva essere scoperta.
La seconda strada era un selvaggio sentiero di montagna, molto ripido che la neve rendeva ancora più infido nei tratti scoscesi ed esposti, ma la sua inaccessibilità riduceva il rischio di essere scoperti, anche se l'incontro con ladri o briganti non era del tutto da escludersi.

Per alcuni istanti i due viaggiatori esitarono di fronte alla scelta. Yongden attendeva mentre Alexandra continuava a osservare l'erto sentiero di montagna, considerandone tutta la bellezza e il fatto che pochissimi pellegrini diretti a Lhasa avrebbero scelto di percorrerlo e siccome nella sua vita Alexandra David-Neel aveva sempre preferito fare ciò che gli altri non facevano, a un certo punto spezzò il silenzio dicendo a Yongden «Prendiamo la strada di montagna»: era determinata a diventare la prima donna europea ad entrare nella città sacra di Lhasa.

«L'avventura è stata la mia unica ragione di vita», ha detto una volta Alexandra David-Neel.
In questa foto, scattata quando aveva 81 anni, indossa abiti tradizionali tibetani, circondata da alcuni dei manufatti raccolti durante le sue numerose avventure in Asia.

domenica 30 gennaio 2022

Frederick William Beechey, l'artista degli icebergs

Frederick William Beechey (1796-1856), ufficiale di marina, artista e poi presidente della Royal Geographical Society, accompagnò l'esploratore inglese William Edward Parry (1790-1855) nel suo famoso viaggio alla ricerca del Passaggio a nord-ovest, contribuendo al diario della spedizione con i suoi schizzi e le sue raffigurazioni del paesaggio artico.



L'illustrazione qui sopra ritrae la "HMS Hecla in Baffin Bay" ed è tratta dal "Journal of a Voyage for the Discovery of a Northwest Passage from the Atlantic to the Pacific Performed in the Years, 1819-20 in His Majesty’s Ships Hecla and Griper". Beechey raffigura la nave di Parry al cospetto di un iceberg torreggiante, rinchiusa e quasi schiacciata da questa formazione di ghiaccio che, sappiamo dai diari di viaggio, diede del filo da torcere all'equipaggio.
Parry fu il primo europeo a superare i 110 gradi di latitudine, divenendo il primo eroe-esploratore del diciannovesimo secolo. Le sue imprese ispirarono una delle opere d'arte più belle e maestose ispirate ai paesaggi polari, "Il mare di ghiaccio" di Caspar David Friedrich (1823-24). Introdotto nell'immaginario popolare dai racconti degli esploratori, l'Artico suscitò immediatamente un grande interesse, diventando parte del più ampio appetito romantico dell'epoca per i luoghi esotici e l'avventura.

martedì 29 giugno 2021

L'Armenia, il corridoio del Caucaso

Davanti alla sagoma bassa del Selim Caravanserai, fatto costruire nel 1332 dal principe Chesar Orbelian per accogliere i viaggiatori stanchi e i loro animali mentre attraversavano la regione montuosa del Vayots Dzor, il vento spazza il parcheggio solitario. Polvere gialla e cielo terso ci accolgono al Selim Pass, a oltre 2.300 metri di altitudine dopo una lunga serie di tornanti asfaltati che si snodano come un lungo serpente sui fianchi delle montagne. In lontananza la valle e le verdi isole dei paesi.
Cosa sognavano qui i carovanieri dell'alto medioevo, che riparavano cavalli e asini nel rifugio di questo valico isolato?

Siamo quasi nel cuore geografico di un ramo dimenticato delle Vie della Seta: il Corridoio del Caucaso, la porta nord-ovest dell'immensa rete che collega il vasto Oriente con l’Europa dell’Est e del Nord. Una zona in cui per millenni popoli differenti sono entrati in contatto, influenzandosi, ma anche invadendosi l’un l’altro.
Nel puzzle degli imperi che hanno disegnato nel corso dei secoli le Vie della Seta, l'Armenia era e resta un'eccezione: qui, tra il Caspio e il Mar Nero, nonostante i monasteri della prima cristianità abbiano favorito frequenti scambi tra Asia ed Europa, l’Armenia è rimasta ancorata alla propria lingua e alla propria fede.

Nei suoi confini attuali, nati dallo smembramento dell'URSS, la continuità di questa identità culturale e religiosa ha del sorprendente: trentamila chilometri quadrati (un’area equivalente alla Bretagna) racchiudono oggi quasi quattromila chiese e monasteri, costruiti principalmente tra il XI e il XII secolo. Dall'indipendenza e dall'esilio degli azeri l'unica moschea di Yerevan, trasformata in planetario in epoca sovietica, è oggi frequentata dai musulmani iraniani.
La storia della Chiesa d'Armenia è un miracolo? In realtà, l'Armenia è semplicemente il primo stato cristiano della storia.

Khor Virap, uno dei più importanti monasteri armeni, nei pressi del confine con la Turchia.


domenica 13 giugno 2021

Van Houten: La ferrovia Transiberiana




Figurina pubblicitaria del Cacao Van Houten, dei primi del '900, che ci conduce nelle remote regioni dell'Europa orientale e dell'Asia settentrionale, attraverso la raffigurazione di un nomade dell'Amur, regione situata nell'Estremo oriente russo, e quella dell'inaugurazione della ferrovia Transiberiana.